Anche l’attuale norma di rivalutazione prevede l’applicazione del riallineamento, sia per soggetti Oic adopter sia per soggetti Ias adopter in forza dei richiami contenuti nell’articolo 110, comma 7 e 8, D.L. 104/2020. Il riallineamento tra i maggiori valori contabili presenti nel bilancio al 31 dicembre 2019 e i minori valori fiscali è una procedura molto diversa dalla rivalutazione. Il disallineamento tra valori contabili e valori fiscali potrebbe essere stato generato da operazioni straordinarie neutrali (conferimenti di azienda, fusioni, scissioni e trasformazioni) oppure da rivalutazione con impatto meramente civilistico fatte in passato. Va ricordato che con l’affrancamento ordinario non si creano riserve in sospensione d’imposta come, invece, sono qualificate quelle che si generano con il riallineamento. L’ambito oggettivo del riallineamento è il medesimo della rivalutazione. Il riallineamento, se deciso, va eseguito per l’intero valore disallineato (quindi esclusa la possibilità di un riallineamento parziale) e può essere eseguito anche sul singolo bene, senza dover coinvolgere la categoria omogenea. Peraltro, questa ultima peculiarità nell’attuale scenario non è più un elemento di distinzione con la rivalutazione visto che anche questa può essere eseguita per ciascun bene. Un’importante differenza tra riallineamento e rivalutazione consiste nel fatto che mentre nella rivalutazione l’incremento dei valori dei beni provoca un collegato incremento del netto patrimoniale, nel riallineamento nulla di ciò accade.
La CTP di Forlì, con la sentenza 84/I/2020, ha statuito che le spese e gli altri componenti negativi del reddito d’impresa sono deducibili se correlati all’attività o a beni da cui possono derivare, anche potenzialmente, ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito. La loro inerenza va apprezzata dal punto di vista “qualitativo”.
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